Il posto delle fragole

Una questione di stile

Regina degli uffici stampa, grande nuotatrice (e amica), vorrei poter dire subito che questa non è una recensione e che personalmente devo molto a Valentina Fortichiari, in primis la felicità che mi ha sempre regalato avere la sua stima. Quando arrivai in Longanesi conoscevo già Valentina perché scrivendo un po’ sui giornali, la Fortichiari era il riferimento princeps per i contatti con autori ed editori. Correva voce che non fosse facile andare d’accordo con lei in qualità di editor delle case editrici che magistralmente rappresentava. Quindi sì, confesso che un po’ la temevo. 

Invece, come accade tra persone che si riconoscono e rispettano, avvenne il miracolo (per me). Forse fu solo onesta e sincera, reciproca simpatia. Non so, posso solo dire che ho imparato tantissimo standole a fianco.

L’ho vista sempre defilata in occasioni pubbliche che aveva peraltro organizzato in modo perfetto, mai seduta nelle prime file durante le presentazioni, sempre attenta a un milione di particolari, compresi i gusti alimentari e le non poche idiosincrasie degli autori da portare in giro per l’Italia in tour.

Una questione di stile, ecco cosa l’ha sempre distinta. Poi, certamente anche la bravura, l’abnegazione, il suo modo ferreo ma gentile di rapportarsi a ognuno facendolo sentire unico – parafrasando il titolo – quasi fossero tutti Dostoevskij. Questo libro memoir  su decenni di lavoro ai massimi livelli è una vera miniera per tutti coloro che questo mondo conoscono, frequentano o ambiscono a frequentare. Il mio augurio è che serva ai tanti giovani che si apprestano a farne parte, perché è la testimonianza viva di un approccio alla vita e agli altri dove il fattore umano e la cultura delle piccole cose ha sempre fatto la differenza. 

Sfilano in ordinata e affettuosa sequenza, come membri di un cerimoniale segreto condiviso e vissuto dall’interno, nomi e volti di autori e di editori di primo piano: da Jostein Gaarder a Tiziano Terzani, da Dirk Bogarde a Idelfonso Falcones che ha scritto anche una davvero bella prefazione, e poi naturalmente Luigi Brioschi, con cui l’autrice ha condiviso esperienze fondanti e scrittori scoperti e aiutati a crescere come Donato Carrisi («capimmo subito di avere una carta potente da giocare»).

Mi aveva raccontato un giorno nel suo ufficio con la porta sempre accostata, mai spalancata e non proprio chiusa, metafora di una necessità di concentrazione più da scrittore che da Dirigente editoriale, che era stata Grazia Cherchi, la zarina indiscussa di tutti noi editor, a convincerla che ce la poteva fare come ufficio stampa e a presentarla al grande Maestro:  Mauro Spagnol. Ho ritrovato, insieme ad altri aneddoti, anche questo particolare nel libro di Valentina e ho avuto la percezione esatta di quanto i suoi ricordi siano Storia (con la S maiuscola avrebbe detto Tiziano). Facciano Storia.

In un mondo come quello editoriale dove la tradizione e le competenze sono soprattutto orali, questo libro è un oggetto unico e irripetibile.

Valentina Fortichiari è stata non solo responsabile dell’ufficio stampa, ma il referente più vicino all’autore, insieme all’editore, ed era la voce di entrambi, sempre. Si preoccupava di tutto, con un senso innato del garbo e dell’educazione, merce ormai rara. Mai vista sgomitare, mai vista eccedere, bravissima financo – è evidente – a scrivere comunicati e presentazioni. Ogni volta che le inviavo una bandella temevo di essermi scordata qualcosa, invece puntualmente mi rispondeva leggera ma attenssima e ringraziava. Rispettosa e creativa, conosceva tutti, ma non l’ha mai fatto pensare.

Quando usava il pronome «noi», indicando lei e me, mi faceva sentire a casa. Non solo in casa editrice, ma quasi a casa propria.

Ed è esattamente così che ci si sente leggendo questo libro frutto di oltre vent’anni di lavoro: a casa. 

Si avverte la Docente di lezioni magistarli ai tantissimi Corsi per l’editoria dove insegna, si avverte l’autrice e la critica letteraria che è, ma si sente prima di ogni altra cosa la persona. Una persona vera che anche per questo è sempre riuscita a rapportarsi ad ogni autore direttamente, perché nessuno più di uno scrittore sa riconoscere l’uomo o la donna che sta dietro un ruolo, una maschera, una funzione.

Un libro che credo sia stato possibile scrivere con tale senso di armonia e equilibro proprio perché Valentina Fortichiari ha «sempre tenuto una nicchia di interessi, di passioni coltivate a latere, dove evadere di tanto in tanto. Uno spazio di cultura differente» che ha fatto e fa la differenza. Perché, ahimè, di solito gli addetti ai lavori parlano solo degli autori che seguono o che stanno per uscire. Con Valentina, posso testimoniare, si parla di tutto, anche di autori e libri lontanissimi da quelli di cui si occupava professionalmente. Non è un caso che sia la curatrice delll’opera di Cesare Zavattini e Guido Morselli. 

Grazie davvero, Valentina, da molti di noi e da me in particolare.

Valentina Fortichiari, Mi facevi sentire Dostoevskij, Tea