Author: Manuela La Ferla

Una scrittura d’avorio

Il testo di Pietro De Angelis all’inizio era monumentale, era necessario un editing che lo avvolgesse in un drappo di velluto, senza perdere nulla, ma filtrando molto. Lui ne era consapevole, purtroppo io non avevo tempo, così si è rivolto ad altri rimandandomi poi, dopo, un testo fin troppo a posto. Non mi convinceva il lavoro fatto. I cassetti si mettono a posto alla fine, prima preferisco sentire il testo com’è, puro e impuro. Siamo ripartiti quasi da capo. Un lavoro lungo e attento con il suo sguardo vigile su tutto. A tratti sembrava fosse lui l’editor, non io. Non uso quasi mai la parola «capolavoro», lui però la merita tutta. Sono stata costantemente emozionata e appassionata nel seguirlo: un impianto drammaturgico perfetto e una scrittura d’avorio. Il buffo è che non c’eravamo mai visti e ci siamo incontrati solo alla sua presentazione a «Libri Come», a Roma, perché anche stavolta l’Editore alla fine è arrivato e adesso Pietro sta scrivendo una nuova storia. Pietro De Angelis, Il mistero di Paradise Road, Elliot 2016

Un cuore tenero sotto il cappellino alla Jack Nicholson

Nella rubrica “Posta del cuore” su Specchio, che dirigeva, Massimo Gramellini scrisse un pezzo formidabile sulla morte di sua madre, era da poco mancata la mia mamma e fu come un treno in volto. Non lo conoscevo, ma lo cercai e ci incontrammo una prima volta all’Hungaria di Roma. Volevo fargli scrivere un libro, c’era molta narrazione nei suoi pezzi giornalistici. Raccontato oggi fa un po’ ridere, ma così andò. Aveva un progetto a quattro mani con uno scrittore che stimavo e con cui ci interfacciammo per diversi mesi. Poi non se ne fece di nulla e quando, anni dopo, approdai a Milano e me lo affidarono come autore pensai fosse destino lavorare insieme. Ho visto la Sala dei Cinquecento al Salone di Torino stracolma di lettori adoranti, ho visto tassisti pronti a farmi lo sconto purché lo salutassi quando andavo a trovarlo al giornale, ho visto Massimo in veste casalinga con il suo cappellino da Jack Nicholson da cui non si separa quando scrive. L’ho visto arrivare nelle case attraverso il tubo catodico prima …

Il suono di ogni frase

Giorgio Montefoschi mi ha insegnato ad ascoltare il suono di ogni frase. Non che il senso non sia importante, anzi, ma esiste una musica in ogni testo e bisogna saperla riconoscere. Montefoschi ama leggere i suoi testi dando vita a ogni dialogo, nel suo studio romano con il verde tutto intorno. A Roma, ci incontravamo spesso all’Hungaria e non poteva essere altrimenti. I Parioli sono il suo luogo d’elezione, è lì che è cresciuto ed è lì che sono ambientati la maggior parte dei suoi romanzi. Lui è uno scrittore alla Dickens, vive in presa diretta ciò che accade sulla pagina. Una volta mi telefonò quasi in lacrime perché quella notte, scrivendo, un personaggio era morto, sembrava fosse tutto reale, sempre. Una magia. Forse per questa sua capacità di immedesimarsi in ciò che scrive, forse per la passione condivisa per la Grecia e le Dolomiti, forse perché è nato lo stesso giorno di mio papà, non lo so, però l’ho sempre sentito anche amico, amico vero. Poi ci siamo persi, accade, ma con nessun altro potrei riuscire a non discutere mai sulle scelte linguistiche …

Nessun silenzio passi inosservato

Per la legge del contrappasso, in tempi di foto ovunque condivise, a dare nuovo brio editoriale al cartaceo ecco i libri con foto d’autore, nuova tendenza del momento e non solo per le strenne natalizie. Ne sono usciti davvero tanti ultimamente, ma qui vorrei fare una scelta d’amore. Amore reo confesso per l’artista cui è dedicato il libro: Fabrizio De André. Fabrizio è sempre stato uno che divideva, anche quando uscivano i suoi LP, parola desueta ma questo erano, o lo amavi oppure no. Ho avuto la fortuna di poterlo incontrare al Club Tenco, pensavo mi avrebbe interrogato sulle sue canzoni, ricordo che ero davvero molto emozionata, invece mi mise subito a mio agio e alla fine parlammo di stelle e dell’Acquario, segno zodiacale di entrambi. Con Samuele Bersani che lo  adorava perfino più di me, quella sera durante lo spettacolo lo bevemmo come acqua di sorgente,  il volto sulle mani intrecciate sopra la poltroncina davanti a noi, all’Ariston di Sanremo, in ascolto devoto. Chiusa parentesi personale, il testo che dovreste regalarvi tutti, per sfogliarlo la sera, luce soffusa  sul comodino e risentire le note delle sue …

Una perla rara

Paolo Di Stefano lo leggevo sul Corriere della Sera, collezionavo i suoi romanzi, tutti diversi, ma con quella sua voce così riconoscibile e a me cara, anche quando si finge altra. Abbiamo entrambi la stessa Sicilia nel cuore (Avola lui, Augusta io), buoni studi da italianisti e altro che questo. Paolo è di un’umiltà indicibile, si sorprende sempre, lavora tantissimo: non frequenta il milieu tipico dei salotti buoni milanesi e la sera preferisce leggere poesie alla sua piccola. Scrive romanzi e gialli e racconti sullo stesso portatile con cui si interfaccia al mondo, inondato di mail, nel suo soggiorno di legno chiaro con le foto dei suoi familiari tutto intorno. Non conosco nessuno più gentile ed educato e paziente di lui, la sua parte svizzera deve aver avuto il sopravvento a un certo punto. Ho imparato tanto lavorandogli a fianco e spero di continuare a farlo, perché nel panorama editoriale è una perla rara, capace di cambiare velocemente cifra narrativa, mantenendo sempre lo stesso timbro autentico di voce, uno scrittore cresciuto studiando sulle pagine altrui, e …

Appassionato e appassionante

Con Filippo Ceccarelli ci s’incontrava da Dagnino nella Galleria dietro piazza Esedra, a Roma. Arrivava sempre con quella sua aria bonaria come se non dovessimo poi lavorare a un libro, ma solo goderci la giornata. Anche a casa sua – in uno degli studi più belli e accoglienti che abbia mai visitato – mi son sempre sentita un’ospite reale, con lui che leggeva a voce alta (grande lezione) riga dopo riga quel che andava scrivendo. Appassionato e appassionante, ecco com’è. La sua immensa raccolta di ritagli di giornale dell’epoca pre-internet, un «tesoro» in senso letterale è stata poi donata alla Biblioteca della Camera, ma averla tutto intorno conferiva ai nostri incontri una cornice unica. Quei ritagli gelosamente custoditi, assomigliavano alla sua cultura, onnivora, leggera, profonda, duttile, piacevolissima. A tavola con quell’amore di moglie che ha e che è poi diventata anche lei una mia autrice, Elena Polidori, ridevamo spesso del fatto che avessero relegato i romanzi dei giornalisti in una piccola bacheca a parte, in sala pranzo. Non ho fatto nulla di davvero significativo per lui, ma averlo accompagnato per un breve tratto di …

Un messaggio in bottiglia

Il testo di Filippo De Matteis mi è arrivato come un messaggio in bottiglia su un mare trasparente, lasciando immaginare la lunga traversata con onde alte e scogli da cui era miracolosamente uscito illeso. C’erano dentro echi del Retablo di Consolo e un cadenzare colto delle parole, alla maniera di Buttitta, però la storia doveva venir fuori meglio e c’era ovunque un lirismo fin troppo accentuato. Ci siamo incontrati in piazza della Repubblica a Firenze e dietro il ragazzo mite e dolce ho intravisto il professionista di razza che è, così temevo si inalberasse ai miei consigli su come “muovere” il testo. Invece mi ha istigato a dargliene altri e il libro si è piano piano trasformato sotto i nostri sguardi increduli, mantenendo intatta la sua meravigliosa musicalità e approdando infine a un Editore che l’ha appena pubblicato con ulteriore, estrema curatela. Filippo De Matteis, Cuori di seppia, Elliot 2017

Rapita dalla sua voce

Il dattilo del romanzo di Laura Bonaiuti è rimasto a lungo chiuso dentro una cartellina blu sulla mia scrivania. Me lo aveva portato lei, nella prima sede di Casa dell’autore in via Maggio, con un’invocazione muta e un appello gentile: «Leggilo se puoi, grazie». Mi era stato caldeggiato dal Prof. Fabio Firenzuoli, mio guru, però all’inizio ero scettica. Laura era troppo “bella e brava” per essere anche una scrittrice autentica. Mi sbagliavo. La sera in cui l’ho finalmente letto, non riuscivo a smettere e sono andata a letto tardissimo, rapita dalla sua voce. La scrittura della Bonaiuti, venata da un dolore sotteso, è come un pugno in faccia che lei ha saputo trasformare in narratività. Il suo lavoro è piaciuto anche a una editor milanese che l’ha pubblicato. Laura ha scritto da poco un altro testo e ora staremo a vedere che accadrà. Non so cosa farà da grande, ma spero non smetta mai di scrivere. Laura Bonaiuti, Se nessuno sa dove sei, Piemme 2015

All’improvviso, ciao Pietro

2000 battute, Pietro, solo 2000, come quando chiamavi all’improvviso, festivi inclusi, per chiedermi un pezzetto, oppure dirmi che quel che avevo fatto non andava bene e che dovevo lavorarci. All’improvviso mi è apparso il tuo faccione grande sui social e ci ho messo un po’ a capire che non c’eri più. Abbiamo tutti famiglie reali, ma la nostra famiglia editoriale rimane fissata per sempre da qualche parte dentro di noi che ci siam cresciuti dentro. Può sembrare retorica, ma chi la frequenta sa che è vero. La nostra famiglia editoriale esiste e Pietro Cheli ne faceva parte per moltissimi di noi. È lì che ti ho incontrato la prima volta, in un luogo che era già una storia a sé, in via Melzo sede de Il Saggiatore e di Diario, cortile interno in fondo. Quando passavo da te era sempre per un consiglio. Conoscevi tutti, taglieggiavi con cura, poi mi giuravi che di me invece non avresti mai detto nulla che non mi sarebbe piaciuto. Suadente, bonario, affettuoso, con gli amici veri un fratello. Non c’è stato nulla che ho fatto, editorialmente parlando, di cui …

Baricco e i miracoli in tv

«Se c’è qualcosa di magico nello scrivere una storia, e io sono convinto che ci sia, nessuno è mai stato in grado di ridurlo a una ricetta che possa essere passata da una persona a un’altra.» – John Steinbeck Vi è mai capitato di finire sintonizzati su un’emittente locale e assistere a presentazioni di libri in tv? Difficile resistere alla tentazione di girare immediatamente canale. Sulle reti nazionali ci han provato in tanti, ma poche volte funziona. E perché secondo voi? Non sono una studiosa di comunicazione di massa, non ho alcuna voglia di far citazioni colte per avvallare ciò che penso, ragiono solo da amante della parola scritta e quindi del silenzio e del pensiero astratto, due cose che con la tv fanno fatica a stare insieme. Il ritmo stesso della lettura, che è individuale e intimo, attraverso la televisione si disperde. Ne abbiamo visti tanti provarci, pochissimi riuscirci. Ma perché? È solo questa la ragione? Un’insanabile diaspora tra la parola detta e quella scritta? Non è poi così vero, basti pensare a programmi bellissimi e vivi come La lingua batte, l’ormai …