Giorgio Montefoschi mi ha insegnato ad ascoltare il suono di ogni frase. Non che il senso non sia importante, anzi, ma esiste una musica in ogni testo e bisogna saperla riconoscere. Montefoschi ama leggere i suoi testi dando vita a ogni dialogo, nel suo studio romano con il verde tutto intorno. A Roma, ci incontravamo spesso all’Hungaria e non poteva essere altrimenti. I Parioli sono il suo luogo d’elezione, è lì che è cresciuto ed è lì che sono ambientati la maggior parte dei suoi romanzi. Lui è uno scrittore alla Dickens, vive in presa diretta ciò che accade sulla pagina. Una volta mi telefonò quasi in lacrime perché quella notte, scrivendo, un personaggio era morto, sembrava fosse tutto reale, sempre. Una magia. Forse per questa sua capacità di immedesimarsi in ciò che scrive, forse per la passione condivisa per la Grecia e le Dolomiti, forse perché è nato lo stesso giorno di mio papà, non lo so, però l’ho sempre sentito anche amico, amico vero. Poi ci siamo persi, accade, ma con nessun altro potrei riuscire a non discutere mai sulle scelte linguistiche e poi litigare sul serio per una minestrina con cui lui voleva cenasse una sua protagonista, alla fine di un incontro a lungo atteso e di un romanzo bellissimo. Una minestrina?
Published on 7 Gennaio 2018