«La Realtà si fonda sull’amore per qualunque istante, per qualunque frammento di Realtà perduta si manifesti. La Realtà è amore che chiede amore.» C’è sostanza e grande capacità di racconto, umiltà e fierezza, voglia di mettersi in gioco come non mai in Introduzione alla realtà, di Edoardo Camurri, appena uscito per le nuove edizioni Timeo con una cover che dire accattivante è poco.
Ma che libro è mai questo che nel 2024 parla al lettore con toni quasi mistici e ironici a un tempo? Un libro che è un piccolo trattato di saggezza antica e insieme un testo di carattere quasi confidenziale, in cui l’autore gioca con semplicità e coraggio tra l’io e il noi, arriva a rivolgersi al lettore con il tu, ma mette poi tutto sé stesso per raccontare sotto forma di dialogo un desiderio che qui diventa percorso da fare insieme al lettore, un/il desiderio di trovare un’espressione a ciò che è già accaduto, come insegnava Giorgio Colli.
Guardiamolo e attraversiamolo dunque questo libro che non strizza l’occhio a nulla che sia di tendenza in campo editoriale, ma è volutamente e felicemente in controtendenza nel suo porsi in presenza della realtà. Una Realtà che – va detto subito – è intesa come qualcosa fuori di noi, cui pure noi apparteniamo. Qualcosa che ci definisce e definiamo vivendo.
Leggendolo mi son venute in mente tre immagini tutte diverse tra loro. La prima mi è arrivata in presenza, durante l’incontro che l’autore ha di recente dedicato al libro insieme a Vanni Santoni, alla Libreria IBS di Firenze. In alto troneggiavano con un sorriso le fotografie di Tiziano Terzani che dopo una vita intera spesa a documentare e raccontare la realtà, aveva scelto di essere infine Anam: Il senzanome, sottraendosi con gioia a un Io che è per tutti, ma per chi scrive ancora di più, una forma di controllo della Realtà. Poi ho pensato a un libro bellissimo L’abbandono alla Provvidenza divina del gesuita Jean-Pierre de Cassaude, che si muove allegramente tra il Tao e la parabola evangelica del granello di Senape. Infine a un momento esatto della respirazione yogica: il Kumbhaka, il momento in cui tra ispirazione ed espirazione si trattiene il respiro, un attimo di sospensione dalla Realtà che può essere pieno o vuoto, ma non ci attraversa mai in modo indifferente.
Perché il libro di Camurri, a me pare, è tutto questo e molto altro e riesce a raccontare il senso stesso del nostro essere qui oggi. La Realtà è allora forse ciò che ci definisce o che noi stessi definiamo (essendone parte) vivendo? Oppure esiste indipendentemente da noi? Antica domanda filosofica che attraversa i millenni e sulla cui risposta Camurri sembra quasi non voler prendere posizione. La disegna piuttosto con tratto di penna leggero come una sorta di Grande Nana Bianca che in virtù di una Meccanica quantistica di carattere squisitamente metafisico ci immette «senza preavviso» nella Realtà, non una volta sola, ma tutte le volte che «rinasciamo» a una nuova Realtà e a un nuovo Destino.
È così che un senso profondo dell’immanente pervade tutto il libro, lo definisce e lo sospinge verso chi legge che non può quindi tirarsi fuori dallo specchiarcisi continuamente. E non può non innamorarsene.
È un libro che invita con garbo alla disobbedienza. Come un adolescente che deve mettersi in conflitto con i propri genitori per definire sé stesso, per distinguersi da loro e poter dire io, allo stesso modo tutti noi per esistere davvero dobbiamo – suggerisce tra le righe l’autore – disobbedire alla Realtà che ci precede e ci include. Fuor di retorica è un inno al Rinascere sempre nuovi a sé stessi. Sarà forse per questo che un termine molto ricorrente (e molto amato da Roberto Bazlen) è primavoltità.
«Eravamo un coriandolo, ora siamo una multinazionale»: come in una Fiaba alla Propp e come ci illuminava già Calvino, la sensazione leggendo è quindi quella che l’autore definisce in passaggio preciso: «C’è un Altrove, da qualche parte qui dentro alla Realtà, che non accetta – per vocazione, per attraversamento di soglia, per respiro o per abitudine – le regole del gioco e che testimonia, con la propria vibrazione, la strada della Meraviglia e dell’apertura».
Grazie a Edoardo Camurri per questa passeggiata alla Walser nel Sapere che tutti ci comprende. Grazie della libertà che lascia al lettore di essere capace di ciò di cui è capace, ovvero di portare il testo dentro di sé e sceglierne uno dei mille volti possibili. A secondo della nostra, di Realtà.
Grazie di essere (tu), Edoardo, primavoltità.