Il posto delle fragole

L’ordine dei libri

In una recente lezione a Fenysia, Scuola di Linguaggi di Firenze ideata da Alba Donati, il Presidente del Centro per il Libro e la Lettura Romano Montroni – un Maestro – ha ricordato agli allievi del Corso di Editoria e Comunicazione che nelle Librerie italiane l’ordine dei libri in esposizione per Autore, è storia recente. Fino al 2003 vigeva – e ancora vige nelle piccole Librerie indipendenti – una disposizione interna per Editore. Senza entrare troppo nel merito, vorrei approfittarne per una piccola riflessione.

Ho notato che i cosidetti Millennial e ancor più i loro fratelli più giovani, quando scelgono un libro non hanno alcuna fidelizzazione per Editore, un punto di vista preciso che ha viceversa contraddistinto intere generazioni prima di loro.

Per chi frequentava l’Università negli anni Ottanta e Novanta era assolutamente naturale cercare libri che appartenessero “fisicamente” a una Casa editrice piuttosto che a un’altra. Lo so che oggi sembrano storie antiche e in qualche modo lo sono, ma è (anche) così che si sceglievano i libri.

Erano tempi senza social, senza mail, senza altri rumori che quelli amati delle parole lette, recitate a Teatro, ascoltate nelle Canzoni dei Cantautori, disegnate dentro le Nuvole dei Fumetti, e si parlava e ci si confrontava, credetemi, molto, ma molto più di adesso.

La conoscenza andava in verticale, nessuno condivideva nulla, anzi la propria esperienza era sempre e solo un fatto felicemente privato sul quale, al massimo, si scriveva. O almeno si tentava di farlo

C’era un senso, un ordine che ci precedeva, che apprendevamo sui testi, una costellazione aperta e libera, qualcosa che ognuno poteva scegliersi e a cui si sentiva affine. Le contestazioni – politiche e civili – erano state il campo di chi ci aveva preceduto e viveva ormai arroccato nei ruoli di potere che si era guadagnato. Al massimo si discuteva animatamente con i Professori, si seguivano alcuni Giornalisti piuttosto che altri, si comprava un quotidiano, spesso sempre lo stesso. Eravamo curiosi e fedeli. Curiosi di ciò che non sapevamo (ed era quasi tutto) e fedeli a ciò cui ci sentivamo di appartenere e le Case editrici, per chi amava i libri, erano davvero delle Case ideali. Per questo le andavamo a cercare. Le idealizzavamo, certo, l’ho capito solo decenni dopo, ma era bello pensarle come le sognavamo.

Anche per questo si compravano libri Adelphi ed Einaudi, libri Sellerio o Feltrinelli. Non erano solo marchi erano piccoli specchi di come ci piaceva immaginarci.

Adesso, ho potuto verificarlo di persona molte volte, chi ha meno di 30 anni non vede neanche le differenze tra una Casa editrice e l’altra. A me viene un po’ da ridere avendoci lavorato dentro per appunto quasi 30 anni, sapere quanta fatica si fa per sottolineare le particolarità di una Collana o l’altra, tra un’edizione in «brossura» e una in soft paper cover, ma rigorosamente originals.
La distanza tra chi vive arroccato dentro il proprio Catalogo e neanche guarda più cosa esce dagli altri editori se non nei casi di libri in classifica, tra chi parla solo degli Autori che pubblica, come se gli altri non esistessero, e la gente normale che in libreria ci va sempre meno e i giovani in particolare che se ci vanno scelgono testi che hanno già visto in Rete o di cui hanno letto in qualche blog, è ormai incolmabile.

Sempre Montroni ci invitava a riflettere sulla fake news che sia la Rete il Grande Colpevole, come se all’estero non ci fosse. Eppure altrove si legge, si legge e tanto sin da piccoli. Per questo è importante, sarebbe importante, lavorare il più possibile con e nelle Scuole. In Inghilerra la lettura ad alta voce – ricordava – è addirittura una materia curriculare, mentre da noi in Italia nelle case non esistono neanche più le librerie come oggetto fisico.

Io ho traslocato di recente, ho cambiato la visuale dalle finestre di casa, ho cambiato la strada che faccio per venire al lavoro e ho cambiato l’ordine dei libri. E per alcune Case editrici ho deciso di mantenere un ordine per Editore. La mia amica Caterina Verbaro (quasi una sorella per me, ma molto Docente Universitario qual è), quasi mi toglieva il saluto: «Ma come? Hai mischiato Secoli e Letterature tra loro?» L’ho fatto, sì, e sono contenta.

Quando le guardo, le mie librerie, la sera tardi o la mattina presto, mi sento a casa, tra le Case editrici che vedo sbalzare fuori con le loro costole tutte uguali.

E mi spiace tanto per chi questa emozione non può capirla, non sa neanche di cosa stia parlando. Ma anche questo era ed è, a me pare, un modo di mettere ordine nel caos. Un modo per leggere e per sentirsene parte, dei libri, delle storie e delle parole di chi scrive. Parole che poi gli Editori pubblicano, mediano, controllano e diffondono. Perché la differenza alla fine è tutta qui: in Rete nessuno controlla niente e questa non è Democrazia, né Anarchia, è il pericolo del Nulla che ci circonda e a volte rende inutile tentare di mettere ordine, anche tra i libri.