Caro Giovanni Falcone,
Sono le 17,48 del 23 maggio. 26 anni fa ero come tanti al Salone del libro di Torino, quando accadde. Capaci è ormai per tutti noi il luogo della strage in cui tu, Francesca Morvillo e gli uomini della scorta (tranne Giuseppe Costanza che si salvò), perdeste la vita. Al tempo ignoravo perfino che esistesse, Capaci. Ignoravo molto altro del resto e a girarsi indietro, oggi, sembra siano passati molti più anni da allora. Anche noi che in Sicilia ci eravamo nati, anzi forse soprattutto noi, vivevamo come se la Mafia non ci appartenesse, non fosse un problema nostro intendo.
Ricordo i primi cortei con i lenzuoli bianchi, i ragazzi di ieri che eravamo noi, sfilare in silenzio, ricordo lo sdegno che fece l’Italia unita come non mai, il dolore raddoppiato e indicibile per Borsellino e gli uomini della sua scorta, il 19 luglio dello stesso anno.
Mi chiusi in Biblioteca Nazionale a Firenze quell’estate. Per una strana deformazione professionale sono sempre stata abituata a partire dalle carte, dai libri. Fu come entrare in un oceano, facevo continuamente i conti con i miei di anni e i conti non tornavano mai.
Mi ricordavo di Giuseppe Fava e dei suoi Siciliani, era anche un ottimo pittore e mio padre l’aveva esposto nella sua Galleria e mi ricordavo quando a Siracusa si diceva che la nostra era «una provincia Babba», ovvero stupida in quanto scevra da Mafia. Forse a 12 anni ho anche riso per questa battuta cretina, orrenda, tra l’altro falsa, perché la criminalità organizzata di stampo mafioso in Sicilia orientale esisteva eccome, anzi era ovunque e io, noi, semplicemente non la vedevamo, non lo sapevamo.
Da allora credo di aver letto ogni libro possibile al riguardo, ho cercato di capire, volevo scrivere un libro sulla «Comunicazione e rappresentazione sociale della Mafia attraverso le deposizioni dei collaboratori di giustizia». Magari un giorno lo farò, ammesso serva ancora con quel che è accaduto nel frattempo. Anni fa ho accompagnato nella stesura Antonio Laudati tra i massimi esperti di organizzazioni criminali in ambito transnazionale per un libro passato purtroppo inosservato: Mafia Pulita, uscito per Longanesi, e nella bandella scrivemmo: «La mafia si è irradiata come un golpe strisciante nel Nord Italia, si è infiltrata nelle banche, in ampi settori della vita pubblica, e utilizza a suo vantaggio il flusso di denaro sporco proveniente da attività illegali, reinvestendolo poi in economia legale. Penetra così dentro imprese sane, impone i propri metodi e cambia per sempre le regole del gioco».
Ma anche questa ormai è storia. Dalle prime tracce di pratiche mafiose nell’uso di «giustizia privata», rilevabili già nel XVII secolo fino all’apparizione della Mafia in quanto associazione situabile circa all’Unità d’Italia, a oggi, alla mafia invisibile e poliglotta, è cambiato il mondo ma non è mutata la sua capacita diabolica di mimetizzarsi e raccontarsi per quello che non è.
Allora perché ti sto scrivendo? Dov’è la notizia che salva, la porta che si apre e fa almeno un po’ sperare?
È una piccola porta, sai, impercettibile ma penso importante, ed è per questo te la racconto, oggi, qui.
Qualche giorno fa ero a una riunione di genitori del Gruppo Scout cui appartiene mio figlio.
Quest’anno i ragazzi hanno scelto come loro “obbiettivo” di far qualcosa di utile e che abbia un senso per la società. Hanno dai 12 ai 16 anni, già questo avrebbe fatto differenza, ma poi è accaduto che i loro Capi in questa prospettiva abbiano scelto di fargli approfondire la conoscenza di cosa è la mafia oggi. Si sono uniti ai ragazzi di Don Ciotti, nei cortei, hanno visto film, hanno discusso. Mio figlio ha letto anche libro su di te, scritto quando lui non era ancora nato, Per questo mi chiamo Giovanni, e poi è accaduta questa piccola cosa.
È accaduto che è nato un bimbo di un mio giovane amico e l’hanno chiamato Giovanni. Non ho idea del motivo, ma non è questo il punto. Il punto è che il mio di figlio, quando gliel’ho detto, ha enunciato con semplicità e fermezza: «L’hanno chiamato così per Giovanni Falcone, vero mamma?».
Ecco, vedi, tutto ha un senso diverso se a 12 anni il tuo nome per un ragazzo ha il tuo volto e la tua storia. Tutto appare diverso se il tuo sorriso fermo sarà oggi il loro, che nulla sanno, forse, ma tutto potrebbero cambiare, se solo saranno quel che non siamo stati noi alla loro età: persone estremamente consapevoli di quel che gli accade intorno, persone che tra gli orrori ed errori da abiurare mettono in primis indelebili segni di civiltà come: «io odio la mafia», per esempio.
Forse le verità continueranno a confondersi, incastrarsi e nascondersi una nell’altra, come le matrioske russe dicevi, parlando delle verità di Buscetta, o forse no, perché tutto prima o poi finisce e tu ripetevi spesso:
«La mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine.»
– Giovanni Falcone