2000 battute, Pietro, solo 2000, come quando chiamavi all’improvviso, festivi inclusi, per chiedermi un pezzetto, oppure dirmi che quel che avevo fatto non andava bene e che dovevo lavorarci. All’improvviso mi è apparso il tuo faccione grande sui social e ci ho messo un po’ a capire che non c’eri più.
Abbiamo tutti famiglie reali, ma la nostra famiglia editoriale rimane fissata per sempre da qualche parte dentro di noi che ci siam cresciuti dentro. Può sembrare retorica, ma chi la frequenta sa che è vero. La nostra famiglia editoriale esiste e Pietro Cheli ne faceva parte per moltissimi di noi.
È lì che ti ho incontrato la prima volta, in un luogo che era già una storia a sé, in via Melzo sede de Il Saggiatore e di Diario, cortile interno in fondo. Quando passavo da te era sempre per un consiglio. Conoscevi tutti, taglieggiavi con cura, poi mi giuravi che di me invece non avresti mai detto nulla che non mi sarebbe piaciuto. Suadente, bonario, affettuoso, con gli amici veri un fratello.
Non c’è stato nulla che ho fatto, editorialmente parlando, di cui non ti abbia informato prima. Anche questo sito, sai? Pensavo che appena pronto te l’avrei girato. Non so cosa avresti pensato della mia segretezza che si apre al vasto mondo. Mi avresti messo in guardia, forse, o avresti scherzato in genovese, con quella tua voce unica che avvolgeva chi ti ascoltava e irretiva dentro.
Quattro giorni fa avevi risposto a un mio autore esordiente, dicendogli che avresti comprato il libro, non c’era alcun bisogno di spedirlo. E quando lui mi aveva girato la tua mail ho pensato: «Ma guarda Pietrone che lavora anche il 2 novembre…».
Mi hai aperto un mondo e l’hai fatto solo perché ci credevi davvero nelle parole e in chi ci lavora e le ama.
Diranno tante cose di te, le leggerai da dove sei ora, lo so bene, figurati se non…
Io vorrei solo dirti grazie e per farlo mi fermo qui. Con questo mio ultimo post per un sito ancora non in Rete, è il mio modo di salutarti, così sarai ancora una volta tu il primo a leggermi.